Le origini di Ostia Antica |
...a spasso per la città ostiense... |
Il Borgo e il Castello |
Il Borgo: cenni storici generali |
Gli stemmi e le iscrizioni |
Le Origini di Ostia Antica |
La nostra storia inizia circa 2600 anni fa. Ostia fu fondata nel 693 A.C. dal quarto re di Roma; Anco Marzio, come racconta la tradizione. Infatti, non si sono ancora trovate le prime mura, e si pensa che un primo insediamento sia stato fatto verso Ficana, Dragoncello. La parola Ostia viene dal latino, e significa "foce" (ostium = foce). All'inizio Ostia è solamente un accampamento militare, le sue mura sono in tufo, materiale ricavato da Fidene; la sua superficie non è molto estesa, 500 m circa. Ma perché è sorta proprio qui, in questo luogo preciso, oltretutto malsano e infetto? La risposta è molto semplice: le saline. Nei tempi antichi il sale era importantissimo, con esso si conservavano i cibi, perché non esistevano ancora frigoriferi o altri metodi di conservazione. Ostia è dunque centro commerciale e non solo: controlla ogni nave proveniente dal Mediterraneo. Durante le guerre puniche, Roma è costretta a valorizzare il porto d'Ostia e finiti gli scontri tra Roma e Cartagine, aumentano i traffici commerciali ed Ostia è la prima a risentirne. Il vecchio accampamento è ormai un ricordo. Verso il II-I sec. a.C. l'abitato esplode fuori delle mura e il porto diventa sempre più importante. Al termine della guerra contro Mario, Silla costruisce nuove mura (la famosa "cinta Sillana"). In questo nuovo recinto si aprono tre porte: Porta Romana, Porta Marina e Porta Laurentina. Al centro della città passano due vie principali: il "decumanus maximus" e il "cardo maximus", che s'incontrano ortogonalmente. Con Augusto, fondatore dell'impero, Ostia spicca un ulteriore salto di qualità e inizia a dotarsi d'edifici necessari per la città. Augusto incarica il genero Agrippa di costruire il teatro romano, dove ancor oggi si svolgono attività teatrali; ma soprattutto il governo locale inizia a sistemare il centro monumentale, con la costruzione del " capitolium" maggior luogo di culto di ogni città romana. Nel corso del I sec. d.C., Ostia perde definitivamente il suo ruolo militare e continua la sua attività commerciale. Sotto l'imperatore Tiberio (14-37) Ostia si "regala" un Foro; sotto Caligola (37-41), è costruito un acquedotto, importantissimo ed infine, con Claudio, è realizzato un gran bacino portuale a nord del Tevere, ed è fondata una nuova città, Portus. Il rapido sviluppo di Portus, potrebbe determinare la decadenza di Ostia, ma non è così; ad Ostia si trova buona parte delle strutture amministrative del nuovo porto. Sotto Domiziano (81-96) parte un grandioso progetto di rinnovamento urbanistico, che in sessant'anni cambierà il volto della città. Se prima si costruivano solo domus, la crescente fame di spazio porta a costruire le "insulae", fabbricati a più piani che possono ospitare anche centinaia di persone! Sotto Traiano (98-117), Adriano (117-138) e Antonino Pio (138-161) Ostia diviene un immenso cantiere. Si è calcolato che, nel periodo di massima fioritura, Ostia avrebbe raggiunto i 50000 abitanti (II sec. d.C.). ma il porto costruito da Claudio, era soggetto ad insabbiamenti continui che ostacolavano il regolare scambio di merci; Traiano allora si pose il problema di eliminare questi svantaggi e così, nel II sec. d.C. fu creato un porto più interno e riparato di forma esagonale con il lato di 357.77 metri, per un totale di 32 ettari. Questo nuovo porto era collegato al precedente con un canale già esistente. torna su |
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…a spasso per la città ostiense… |
Eccoci finalmente nella città, l'unica romana che possiamo ripercorrere come facevano 2000 anni fa. Infatti, tutte le altre sono state distrutte o dai Barbari o dalla natura stessa; pensiamo a Pompei o ad Ercolano, la loro storia s'è fermata nel 79 d.C. … Prima di accedere nella città, percorriamo l'ultimo tratto di via ostiense. A sinistra, la necropoli; è il cimitero ostiense più esteso sorto dopo la legge romana che obbligava il seppellimento dei defunti fuori delle porte della città. Prima, infatti, i cadaveri erano seppelliti addirittura dentro le case, come giustifica il ritrovamento di un corpo di un neonato chiuso fra due tegole in una casa a Ficana, Dragoncello. Un'altra legge obbligava la costruzione di tombe solo a sinistra. Ma perché? È semplice, sulla riva destra vi era il Tevere con i magazzini. Le prime tombe furono realizzate in pianta quadrangolare (opus quadratum); erano tanti blocchi in tufo uniti fra loro con del piombo. Esistevano vari tipi di sepoltura; l'inumazione, e la cremazione. Nella prima i defunti venivano seppelliti interamente; nella seconda venivano bruciati e le loro ceneri erano deposte nelle "olle" che venivano poi messe per terra. Più tardi, dopo la cremazione, vennero usati i colombari, le camere e gli arcosoli. I colombari erano nicchie che si trovavano sulle pareti; le camere, invece erano tombe ad inumazione. I defunti venivano seppelliti dentro un sarcofago; chi se lo permetteva poteva scolpire il viso del defunto sul sarcofago, per ricordarlo in eterno. Gli arcosoli erano invece diversi; l'opus reticolatum veniva smurato e il sarcofago veniva messo dentro verticalmente, per poi essere richiuso. In alto veniva disegnato un sole a metà, che non era però dipinto sul muro, ma era realizzato come un puzzle. I pezzi venivano realizzati in creta e colorati durante l'impasto. C'erano poi altre tombe, in cui defunti non venivano seppelliti con sarcofagi, ma dentro delle "fosse" dove venivano accatastati uno sopra l'altro. Anche i Romani festeggiavano i giorni in cui si ricordavano i morti. Mentre da noi si festeggia il due novembre, loro lo festeggiavano dal 13-02 al 21-02. Gli schiavi che venivano liberati, potevano essere seppelliti assieme alla famiglia liberatrice, ma si trovavano sempre in un punto più basso. Avanzando troviamo la Porta Romana, con la quale s'accede nella città di Ostia . la porta venne costruita dall'imperatore Silla. Vicino alla porta d'entrata troviamo la statua della salute costruita dagli Acili, da cui poi nascerà Acilia e la statua della Minerva alata, da cui i Romani prevedevano se una guerre sarebbe stata vinta o persa. Più avanti si trova poi la caserma dei vigili, molto importante, perché tutte le insulae erano in legno! Ma è il foro la cosa più importante in una città; in esso si trovano numerosi edifici pubblici e amministrativi: troviamo il "Capitolium", o campidoglio; ancora non si sa a chi sia stato dedicato. Potevano accedervi solo i sacerdoti. Più avanti c'è il tempio Rotondo, maggior luogo di culto degli imperatori e altri templi repubblicani. Anche il teatro è molto suggestivo; costruito da Agrippa, viene ancor oggi usato per manifestazioni. Potevano recitare solo gli uomini, se si doveva interpretare una parte da donna, essi si mascheravano. Le donne potevano fare solo le teti mime, cioè potevano mimare la Dea Teti, in mezzo alle piazze o per strade. Sotto il teatro si trovavano botteghe con i loro retro botteghe; quando si cominciarono a rappresentare spettacoli acquatici, due botteghe vennero utilizzate per contenere l'acqua da mandare in scena. Quando gli spettacoli finivano, l'acqua veniva tolta per mezzo di fogne, che la versavano nel Tevere. L'ingresso non si pagava, ma chi non possedeva la cittadinanza romana non poteva accedere allo spettacolo. Il teatro poteva ospitare anche 2000 spettatori, che avevano sempre il sole alle spalle; il teatro era rivolto verso nord-ovest. Davanti al teatro si trova il piazzale delle Corporazioni, con gli edifici amministrativi di tutti i commercianti, gli artigiani della città. Molto interessante nel piazzale delle corporazioni, sono le insegne di ogni ufficio. A quei tempi l'elettricità ancora non esisteva ed allora si facevano dei mosaici davanti agli uffici per riconoscerli. In una città così sviluppata, non potevano davvero mancare delle lavanderie che spolveravano i vestiti dei grandi uomini d'affari. Queste lavanderie erano chiamate le "fullonicae", da coloro che battevano i panni (fulloni); nelle fullonicae si tingevano i vestiti con la porpora che era diluita con l'ammoniaca, ricavata dall'urina dei bagni pubblici. Proseguiamo e troviamo la Casa di Diana, un albergo vero e proprio! Era un'insula di tre quattro piani che ospitava coloro che venivano da altri paesi, sotto erano botteghe e sopra camere da letto; è stata chiamata così, perché nel giardino è stata ritrovata una statuina della Dea Diana. Ma ora arriviamo in un "fast-food" stile 100 d.C.; è il "thermopolium" dove i Romani mangiavano cibi caldi. Al lato destro del thermopolium troviamo un forno dove i cibi venivano cotti, poco più lontano c'è una "conca" dove c'era la bibita da servire; i cibi potevano essere consumati in fretta, oppure ci si poteva sedere e mangiare con calma, se il tempo permetteva, ci si sedeva fuori, se invece pioveva, si mangiava dentro. Se prima c'era il capitolium ed il tempio rotondo, ora incontriamo il "mitreo delle sette sfere", tempio dedicato a Mitra, il Dio del Sole. Fu costruito in età imperiale; la porta d'accesso non è centrale, perché chi non era fedele alla divinità, non poteva osservare cosa accadeva nel tempio. Sul pavimento troviamo il mosaico rappresentante le sette sfere planetarie: la luna, Mercurio, Giove, Marte, Venere, Saturno, ed infine, il Sole. Ai lati, ci sono dei rialzi, dove i fedeli si sdraiavano per venerare il Dio; poi c'era un pozzetto con acqua, probabilmente purificata. In fondo, si trovava il trono, con Mitra ed un toro. Ed ecco ora il luogo di ristoro preferito dai Romani: le terme. Le più "affollate" erano sicuramente le terme del Foro, erano divise ( come tutte le terme ) in " calidarium", "frigidarium" e "tepidarium"; c'erano poi altri luoghi come il "solarium", dove si effettuavano massaggi di preparazione all'acqua calda o fredda. I pavimenti di queste stanze erano ricoperti di mosaici. Nelle terme non potevano certo mancare i bagni pubblici, la "forica", che testimonia l'igiene che avevano i Romani; c'era infatti un getto d'acqua perenne in ogni bagno, ma la cosa più strana è che i bagni non erano divisi, ma comuni. La gente poteva quindi chiacchierare… Eccoci adesso al tempio di Ercole; venne costruito da un liberto prima della nascita di Cristo, accanto ad esso, troviamo una scultura; Ercole viene pescato dall'acqua, ed egli stesso estrae da una cassetta le "sors", con le quali gli antichi prediligevano il futuro; le consegna all'addetto al culto, il quale a sua volta le passa all'aruspice che prevede la vittoria della guerra. La vittoria è rappresentata come una Dea alata, la stessa che troviamo vicino a Porta Romana. Ostia, essendo una grande città, era munita anche di grandi magazzini, nei quali si depositavano le merci da vendere o comprate. I magazzini, o "horrea" erano protetti dal "pungitopo" così chiamato perché non permetteva ai topi di entrare. Fra i tanti horrea, troviamo quelli dei Cisiarii, che possedevano anche le terme e un ufficio al piazzale delle Corporazioni. Ma eccoci ora nell'ultima parte della città, qui troviamo il campo della magna Mater, dedicato a Cibele; è uno dei maggiori luoghi di culto romani. Esso venne costruito nel II sec. a.C., ed oltre a Cibele, era dedicato ad Attis, ed a Bellona, divinità italica. Il campo fu ricavato vicino alla cinta sillana, verso porta Marina. Cibele era una Dea e il suo culto proveniva dalla Frigia; per accedere al suo tempio, c'era un'ampia scalinata. Attis, invece era un pastore che volle diventare suo sacerdote. I riti per diventare sacerdoti di Cibele erano molto " violenti"; Attis venne infatti evirato e purificato col sangue di alcuni tori. Per svolgere questo rito, egli cadde in "trans", perché naturalmente l'anestesia ancora non esisteva. Nel campo troviamo quindi il Sacello di Attis, dove è stata riportata alla luce la statua del sacerdote; egli indossa una corona, segno della vita. Accanto a questa, ci sono due statue del dio "Pan", con un aspetto quasi animalesco. La nostra visita si conclude qui; che splendida città! Ma come dice un vecchio detto romano "se cade Roma, cade Ostia; se cade Ostia cade Roma!". Difatti, nel IV sec. a.C., quando cadde l'impero romano d'occidente, Ostia perse la sua importanza e decadde. torna su |
Il Borgo ed il Castello |
Vicino l'ingresso agli scavi, si estende un' area caratterizzata da testimonianze culturali che dal periodo classico giungono fino all'epoca moderna ed in cui si inseriscono il Borgo e la Rocca. Ai primi secoli dell'impero sono riconducibili una serie di materiali (epigrafi, sarcofagi, tombe a fossa) e monumenti che indicano l'uso sepolcrale dell'area nella quale prosegue la necropoli di Porta Romana, sorta lungo l'antica via Ostiense, più volte individuata in coincidenza dell'attuale via dei Romagnoli. Continuità nell'uso sepolcrale è accertata per i secoli IV e V, quando alla martire Sant'Aurea fu dedicata una basilica cimiteriale, parzialmente conservata al di sotto dell'attuale chiesa rinascimentale. Ripetutamente restaurata nell'alto-medioevo la basilica divenne, nel IX sec., il nucleo intorno a cui Gregorio IV (827-844) raccolse l'esigua popolazione ostiense minacciata dalle scorrerie saracene. Il nuovo centro, denominato Gregoriopoli, era difeso da mura e munito di fossato. Attualmente non vi sono strutture murali riferibili a questa fase, ma scavi nel borgo hanno restituito frammenti ceramici che testimoniano l'incremento del nuovo insediamento. Il borgo, quindi, assunta fisionomia urbana, divenne centro fortificato in funzione delle vicine saline e del vicino corso navigabile del fiume. Agli inizi del '400, papa Martino V (1417-1431), nell'ambito di una politica volta a rafforzare le difese territoriali, fece costruire, a guardia del Tevere una torre rotonda circondata da un fossato. Il sito, infatti, rivestiva un ruolo di primaria importanza per il controllo dei traffici doganali e per la presenza delle saline. In questo quadro si inserisce il programma di rinnovamento del borgo finanziato dal cardinale Guglielmo d'Estouteville. Vescovo di Ostia dal 1461 al 1483, egli promosse il ripristino dell'intero circuito murario, come dimostrano gli stemmi marmorei ancora oggi visibili e raffiguranti il leone rampante con gigli simbolo della sua casata. In perfetta sintonia con la politica della Curia romana mirante a conservare un abitato intorno al presidio doganale continuamente spopolato a causa del clima malarico, egli ne migliorò le condizioni residenziali con la costruzione di tre file di case a schiera. Tra il 1483 e il 1487 durante il pontificato di Sisto IV, il cardinale Giuliano della Rovere (futuro papa Giulio II) finanzia la costruzione del Castello affidando i lavori all'architetto fiorentino Baccio Pontelli (iscrizione sul portale di accesso al cortile). Il complesso architettonico costituito da dalla costruzione di ambienti residenziali sul lato occidentale del cortile e dallo scalone, attribuibile, come indica l'iscrizione sul portale a, Giulio II (1503-1513). Il nuovo scalone monumentale, articolato in tre rampe, presenta volte e pareti decorate con affreschi policromi (mito di Ercole) eseguiti da artisti della scuola di Baldassarre Peruzzi. Nel castello è presente un sistema perimetrale di casamatte (camere da sparo), che raccordano tre torrioni, il principale dei quali ingloba la precedente torre voluta da papa Martino V, da un rivellino e da un ampio fossato circostante. La costruzione rientra nei canoni di architettura militare rinascimentale. L'andamento del Tevere, determinante per l'insediamento del Borgo, condiziona la pianta di forma triangolare della Rocca la cui funzione primaria è quella di controllo di difesa del fiume. La valenza strategico-militare, è parzialmente attenuata, negli anni successivi, d'Alba (1556) e l'inondazione del Tevere (1557) conseguenza della quale fu lo spostamento del fiume verso settentrione. Le mutate condizioni territoriali, unitamente ai gravi danni subiti dal sistema difensivo, determinarono la decadenza della Rocca di Giulio II che fu sostituita nelle sue funzioni doganali dapprima da Tor Boacciana (sec. XII) ed in seguito da Tor San Michele. Quest'ultima, terminata nel 1568 (da Giovanni Lippi subentrato nella direzione a Michelangelo Buonarroti), sostituì il Castello di Giulio II quale presidio fortificato del Tevere. Nei secoli successivi l'autorità pontificia intervenne con opere di ordinaria manutenzione fino al 1736 quando Pio VI, nell'ambito di un vasto piano di bonifica finalizzato allo sfruttamento delle saline, restaurò i danni che la Rocca aveva subito nel corso dell'occupazione spagnola. La sistematica attività di scavo nella città romana determina, prima sotto Pio VII (1800-1823) e poi sotto Pio IX (.1846-1878), lavori di adeguamento all'edificio che divenne alloggio dei forzati utilizzati negli scavi. torna su |
Il borgo - cenni storici generali |
Di forma quadrangolare con due torri rotonde sul lato est ed una rettangolare sul lato ovest, è interrotto presso l'angolo sud dal complesso costituito dal fossato e dal castello, la cui costruzione voluta dal cardinale Giuliano della Rovere comportò l'abbattimento del tratto delle fortificazioni prospicienti il corso del Tevere. Sul lato nord delle mura si aprono attualmente due porte: la principale, su via dei Romagnoli, è protetta ad ovest da una torre rettangolare probabile sopravvivenza di una fortificazione precedente. Su di essa è murata una maschera tragica marmorea proveniente dal teatro romani della vicina Ostia. Altri frammenti marmorei di età romana (capitelli, colonne, epigrafi) sono riutilizzati nelle pareti interne della porta. Sul fronte esterno delle mura sono visibili gli stemmi marmorei del cardinale d'Estouteville. In piazza Umberto I si apre la porta minore, forse moderna, protetta ad est da un torrione circolare coevo al circuito. Nelle adiacenze è visibile la lapide voluta da Andrea Costa in memoria dei sacrifici sopportati dai 550 braccianti ravennati giunti nel borgo nel 1884 e destinati agli interventi di bonifica della zona, infestata dalla malaria. Le case rientrano nella tipologia della doppia schiera, caratterizzata da una pianta rettangolare suddivisa lungo l'asse longitudinale da un muro portante corrispondente, in alzato, alla linea di colmo del tetto. Il circuito murario Divenuta cattedrale in epoca imprecisata fu costruita nelle sue forme attuali contemporaneamente alla Rocca. L'edificio primitivo, di dimensioni maggiori e con orientamento opposto, gravita su un asse viario basolato ancor oggi visibile nel Parco dei Ravennati. LA ristrutturazione del borgo comportò la creazione di piazza della Rocca su cui si affaccia l'edificio. Il perimetro esterno è mosso da paraste decorate alla base con rilievi raffiguranti armi ed oggetti legati alla guerra e al mondo simbolico. Sulla facciata principale sono visibili due stemmi marmorei: sul frontone quello del cardinale Giuliano della Rovere (1483-1503), sull'architrave quello del cardinale Gesualdo (1561-1603). il cui nome compare nell'iscrizione sull'architrave. All'interno, la navata unica è coperta da capriate lignee decorate da gigli; al di sopra dell'abside si legge l'iscrizione con la dedica del cardinale Giuliano della Rovere. Nella cattedrale si conservano ancora documenti epigrafici del culto del martire Aurea: un cero pasquale marmoreo (V sec.) su cui è incisa l'iscrizione abbreviata del nome latino della santa (S. Aurea), ed una lastra sepolcrale (III-IV sec.) in cui lo stesso nome è trascritto in lingua greca (Chryse). Documenti medioevali ponevano nel sito la tomba di Monica, madre di S. Agostino. Tale tradizione è stata confermata negli anni '50, dal rinvenimento, in loco, di un iscrizione frammentaria che conserva parte dell'epitaffio in versi dedicato a Monica dal Console Anicio Auchenio Basso nel 408 (cappella destra). Le avvenute funzioni di cattedrale sono confermate dalla presenza, nella navata sinistra, di un repositorio per la custodia degli olea sacra (distintivi delle cattedrali), attribuibile a scuola cosmatesca (XII-XV secolo). Situato tra Via del Vescovato e P.zza della Rocca l'Episcopio e il risultato degli interventi di ampliamento e abbellimento voluti, durante il pontificato di Giulio II, dal cardinale di Ostia, Raffaele Riario (1511-1513), il cui stemma è murato al centro del prospetto esterno. Su questa parete, in oltre, vi sono alcune lastre frontali di sarcofago ed elementi architettonici di età romana, provenienti dall'area circostante e già appartenenti alla collezione del Cardinale Pacca. All'interno nell'ampio salone del primo piano le pareti risultano decorate da scene inquadrate in una finta cornice e leggibili in senso orario cominciando da sinistra. La tecnica è quella dell'affresco monocromo; l'argomento è di carattere militare (battaglie, assalti, costruzioni di roccaforti, etc.) e deriva da repertorio figurato della Colonna Traiana (guerre daciche 101-102 e 105-107). Da tale modello si distacca la scena finale con i funerali dell'imperatore Traiano. Il ciclo è attribuito al senese Baldassarre Peruzzi ed ai suoi aiuti Cesare da Sesto e Domenico Beccafumi. torna su |
Gli stemmi e le iscrizioni |
Le fonti ricordano un Ercolano martirizzato insieme a Sant'Aurea nel 283 e sepolto a Porto. L'edificio di epoca medioevale, è costituito da un' aula absidata con pareti esterne in opera listata e materiale di reimpiego. Recenti scavi lungo il perimetro esterno hanno riportato alla luce strutture riferibili ad un edificio funerario del I-II secolo, riutilizzato poi,tra il IV ed il V sec. con sepolture in terra coperte da tegole disposte a cappuccina. Nell'altomedioevo l'area fu ristrutturata con la costruzione di tombe parallele a più piani sovrapposti (formae). Al di sotto dell'ambiente centrale un ossario costituisce il primo cimitero della comunità romagnola che nel 1884 intraprese i lavori di bonifica degli stagni di Ostia, Fiumicino e Maccarese (cfr. lapide in Piazza Umberto I). A questo periodo risale il toponimo Sant'Ercolano. Attualmente è preceduto da un recinto funerario, che è stato destinato, in passato, alla sepoltura di alcuni archeologi e studiosi. Una strada non asfaltata, via di Pianabella, prosegue verso sud-ovest attraversando longitudinalmente il comprensorio. Cinque dossi, perpendicolari alla via, corrispondono ad antichi tracciati stradali finalizzati alla suddivisione del territorio ed al collegamento di Ostia con l'area Laurentina e con la costa tirrenica. In questa zona si articola la più grande necropoli ostiense di età imperiale. Tra il quarto ed il quinto dosso è visibile la Basilica cristiana di Pianabella, la cui costruzione, tra la fine del IV e gli inizi del V sec., comportò la distruzione di precedenti sepolcri pagani. L'edificio, di vaste dimensioni, è a navata unica con portico antistante, ne è attestata la frequentazione sino ad epoca carolingia. Al termine della strada verso ovest (adiacenze casale di Procoi), in coincidenza dell'antica linea di costa, si conservano alcune strutture riferibili a ville residenziali della media età imperiale. torna su |